Casa Editrice o Auto-pubblicazione? La mia esperienza

Pubblicare un libro è un percorso entusiasmante, ma scegliere tra una casa editrice e l’auto-pubblicazione può essere complesso.

Ogni opzione ha vantaggi e svantaggi, e spesso le aspettative iniziali vengono stravolte dall’esperienza diretta.

Dan Roam, nel suo corso – SOAR: Time to Write Your Book –  ha sottolineato fin da subito l’importanza di questa decisione, tanto da coinvolgere il suo agente editoriale in una delle lezioni. In questo articolo ti racconto la mia scelta e cosa ho scoperto lungo il percorso.


L’idea dell’agente editoriale – o agente letterario – era quella che mi piaceva di più.

Ma non ne conosco, né sono riuscita ad attivare contatti appropriati e ho desistito, perché avevo bisogno di potermi fidare, almeno per conoscenze comuni.

E sul web/social non ho trovato nulla che mi ispirasse fiducia.

Quindi, tolto il consulente privato, non resta che la gestione autonoma della Casa Editrice o di quella che sentivo come una seconda scelta: l’auto-pubblicazione.

Lo dico chiaramente, avevo la sensazione che l’auto-pubblicazione fosse una scelta di serie B, fatta per chi avesse un progetto talmente sfigato da non piacere a nessuna casa editrice.

Una volta ammesso questo pregiudizio, mi sarebbe sembrata una scelta più possibile e, okay, sarei stata disposta a parlarne.

(Spoiler: c’è voluto del tempo).


Prima di guadagnare questa apertura mentale, però, ho fatto qualche ricerca seguendo le indicazioni del corso e, nell’ordine:

  • Ho cercato le case editrici con in catalogo qualcosa di inerente al mio progetto
  • Ho cancellato quelle che pubblicano solo se le paghi e quelle che hanno pubblicato dei libri orribili che ho comprato, letto e ora non so che farmene – non li posso regalare e mi da fastidio buttare via i libri – così sono in atrio vicino all’uscita in attesa di un destino.
  • Ho scartato le case editrici che non rispecchiavano il mio approccio, evitando quelle con proposte editoriali poco trasparenti o con uno stile poco chiaro  (non ci posso fare niente, la forma per me è sostanza)
  • Ho trovato la casa editrice che desideravo e l’ho contattata inviando una presentazione di me, del mio progetto editoriale e un capitolo di esempio.

Passo successivo, conoscere qualcuno nel mondo dell’auto-pubblicazione, con cui parlare e da cui avere qualche informazione.

Perché se di editoria sapevo e ne so tuttora poco, il self publishing non era proprio neanche nel radar.

Ho contattato Alessia, ci siamo incontrate in video chiamata, l’ho conosciuta e mi ha ispirato fiducia.
Mi ha spiegato che lei e le sue collaboratrici mi potevano seguire nell’editing del libro, nell’impaginazione e nella pubblicazione su negozio online.

Ho apprezzato molto la sua sincerità e il suo modo di fare, io però non ero pronta ad una scelta di serie B.

Quindi torniamo alla Casa Editrice, che non nomino, non ancora.


Ho aspettato una risposta di qualche tipo (dicono che ti dicono qualcosa entro quaranta giorni? non contarci), poi mi sono trasformata in un qualcosa di molto simile a una stalker, infine ho ricevuto una risposta. E non era la risposta che mi sarei aspettata.

Mi aspettavo un rifiuto, magari accompagnato da un feedback costruttivo. Del resto, ho letto abbastanza Peanuts da immedesimarmi nello Snoopy scrittore che riceve lettere di rifiuto. Speravo almeno in una breve call conoscitiva per capire meglio la loro posizione.

Invece, la risposta è stata ben diversa: una mail in cui mi offrivano di pagarli per fare il lavoro di coaching/editing e poi arrangiarmi con l’auto-pubblicazione. 


Alla fine, ho scelto di auto-pubblicarmi. Non era la mia prima opzione, ma si è rivelata la scelta in cui mi sono sentita più libera e indipendente. 

Ho capito che se dovevo investire, preferivo farlo su me stessa anziché su una casa editrice che non voleva condividere alcun rischio.

Stava iniziando il viaggio vero e proprio.

Nella prossima storia, ti racconterò gli ultimi passi di questa avventura… siamo alle ultime tappe, non perderti la puntata finale!


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