Qualche anno fa vidi Inside Out della Pixar, lo apprezzai, non mi entusiasmò.
Forse mi era sembrato troppo lungo, o ripetitivo… fatto sta che ricordo una forte empatia con un bimbo piccolo vicino a me che, passata la prima ora di proiezione, smaniava e scalpitava per uscire. Faccio molta fatica ad uscire dal cinema a metà film, quindi sono rimasta seduta (il bambino no, è stato trascinato fuori). E ho dormicchiato fino alla fine (che ricordo vagamente).
Il trailer di questo film d’animazione era molto convincente, e mi aveva comperato subito. Il film, no.
Mi sta invece piacendo molto un (lungo) corso di formazione che sto seguendo online, dedicato al “Cultural Trauma” secondo l’approccio IFS – Internal Family Systems, di cui condivido il testo di introduzione, tradotto da me. (Spoiler: c’entra, anche se non troppo, Inside Out.)
Testo tratto dall’introduzione al corso “Healing Cultural Trauma with IFS” (PESI Inc.), modulo di Frank Guastella Anderson, MD “Internal Family Systems Therapy (IFS)”. Traduzione dall’inglese: mia.
Sappiamo tutti che cosa significa provare emozioni conflittuali: “Una parte di me vuole… e poi c’è una parte di me che non vuole… ” mentre siamo alle prese con il nostro sé interiore, i desideri e i comportamenti.
Pensa alla famiglia delle emozioni del film Inside Out della Pixar, e a come le emozioni (Gioia, Tristezza, Paura, Disgusto e Rabbia) interagiscano nella mente della protagonista Riley Anderson per formare le sue reazioni e i suoi ricordi. Ecco, stai pensando sulla falsariga di IFS – Internal Family Systems Therapy.
In molti approcci di psicoterapia si ritiene che avere “parti” sia patologico. NON in IFS. In IFS l’idea di molteplicità della mente è normale. Ogni parte ha una buona intenzione e ogni parte ha un valore. Tutte le persone hanno la capacità di guarire se stesse se ascoltano le loro parti.
Nello sviluppo dell’Internal Family System, 30 anni fa, Richard Schwartz, Ph.D., si è reso conto che i clienti descrivevano esperienze con varie parti, molte estreme, dentro di sé. Nel momento in cui queste parti si sono sentite al sicuro e riconosciute nelle loro preoccupazioni, sono state meno dirompenti. Nello sviluppo di IFS, ha riconosciuto che, come nella teoria della famiglia sistemica, le parti assumono ruoli caratteristici che aiutano a definire il mondo interiore dell’individuo.
Penso che questo approccio sia affascinante, perché anche escludendo dal panorama la terapia (che non mi compete), costituisce uno strumento di consapevolezza e di benevolenza verso se stessi. Non banale.
I punti fondamentali dell’Internal Family System contengono una serie di termini preziosi che fanno parte della mia formazione come Facilitatrice e come Coach, e che riconosco con piacere:
- Tutte le “parti” sono accolte e benvenute;
- Tutte le “parti” hanno una buona intenzione di fondo (ad essere in difetto sono, in caso, gli effetti e il comportamento);
- Le parti possono accollarsi dei fardelli e assumere ruoli di difesa e protezione. Nelle parole di Tom Holmes (vedi bibliografia), in pratica ci occupano il salotto di casa pensando di esserne i padroni;
- Abbiamo tutti la capacità di navigare in modo sano tra le diverse parti (Self Leadership);
- L’obiettivo è l’integrazione delle parti, non la selezione.
Ecco una bibliografia minima di riferimento per approfondire l’argomento:
Richard C. Schwartz, Introduction to the Internal Family System Model, Trailheads Publications (2001)
Tom Holmes, Il gioco delle parti: Guida illustrata al tuo mondo interiore, Feltrinelli Editore (2015)