Tutte le nostre relazioni iniziano dal riconoscere gli altri. E per riconoscere gli altri un passaggio fondamentale è riconoscere se stessi.
A conclusione della prima giornata del XXXIII Convegno Nazionale AIF – Associazione Italiana Formatori, ho avuto la fortuna e il piacere di ascoltare le parole di Giuseppe Varchetta. Nella sua sintesi “su cosa ci portiamo a casa” (domanda imprescindibile in ogni convegno, per alcuni un mantra fin dai primi secondi dell’evento) ha tra gli altri spunti parlato della necessità per chiunque lavori con le persone, e abbia la responsabilità dell’altro, di fare conoscenza del sé, approfondimento del sé, clinica del sé:
“Non è necessario forse sbattersi sul lettino di uno psicanalista, questo è il modo più alto, ci sono altre modalità. Bisogna essere pragmatici. Però non si può entrare in un’aula a insegnare, a fare la formatrice e il formatore e non si può avere responsabilità manageriali alte se non si ha fatto un passaggio sul sé. Ho visto fallimenti atroci, da questo punto di vista, gente che con l’organizzazione gioca e usa l’organizzazione come deposito delle proprie ansie non risolte. C’è sempre un uso difensivo dell’organizzazione ma se supera certi livelli, si distrugge l’organizzazione oltre che se stessi”
Ascoltandolo, ho pensato quanto mi piacesse il modo di dire “passaggio sul sé“.
Sa di continuità e leggerezza, un percorso in cui mettersi in gioco, senza sapere esattamente a che cosa si va incontro e rimanendo aperti alla curiosità verso di sé.
L’idea di migliorare il proprio lavoro è una forte spinta motivazionale: quando ho iniziato il mio percorso nella facilitazione esperta, pensavo che fosse una competenza utile, utilizzabile, e una carenza nella mia formazione di formatrice. Pensavo che conoscere tecniche per gestire gli altri e facilitare relazioni, riunioni e momenti formativi fosse qualcosa che avrebbe aiutato il mio lavoro.
Non sbagliavo, anzi.
Solo, vedevo il tutto da troppo vicino, focalizzata sul mio mondo. In realtà era questo e molto di più.
“Ho iniziato questo percorso per cambiare gli altri e poi alla fine quella cambiata sono io”
Questa frase, per come me la ricordo magari non precisamente ma il senso è quello, è di una mia compagna di scuola, della Scuola Facilitatori. (ciao Letizia, questa tua frase mi ha colpito subito e poi non mi ha lasciato più. Te lo dico adesso perché non sono persona da reazioni immediate, mi ci vuole del tempo per elaborare prima di esprimermi.)
Ho iniziato percorsi di formazione, di facilitazione, per imparare a cambiare gli altri e a cambiare sono stata io.
Ci sono parti di me che non avevano voce, non erano e non si sentivano riconosciute, mentre altre parti si erano prese le luci della ribalta e giocavano a fare i protagonisti. Riconoscere se stessi è un passaggio fondamentale per riconoscere gli altri. E tutte le nostre relazioni iniziano dal riconoscere gli altri.
“Si dice che quando uno impara o quando uno pensa, nasce per una seconda volta” dice Varchetta. Continuo a imparare, a disegnare e a disegnarmi.
Ti consiglio questo video, mi sta accompagnando nella scrittura di questo post, è un video immenso, da gustare in ogni momento anche a piccole dosi, come i primi raggi tiepidi del sole a primavera.
RICONOSCIMENTO E CONOSCENZA NELLA RELAZIONE CON L’ALTRO – PINO VARCHETTA
a cura di Fondazione Zoé
Links:
Associazione Italiana Formatori – www.associazioneitalianaformatori.it
Giuseppe Varchetta – www.giuseppevarchetta.it
Fondazione Zoé www.fondazionezoe.it