SIAMO MOLTO VAGHI

Siamo ad una festa: un momento vorremmo fare amicizia con tutti, il momento dopo vorremmo scappare, finiamo spenti su un divano incapaci di relazionarci con anche la persona più desiderabile. Poi sentiamo la nostra canzone preferita, ne seguiamo il ritmo con il corpo, la balliamo anche solo con l’immaginazione e ritorniamo in pace con il mondo, o quasi. Siamo pazzi? No. Siamo in balia di un qualcosa che la Teoria Polivagale spiega bene.

Che cosa è la Teoria Polivagale? Sviluppata da Stephen Porges a partire dai suoi studi sul sistema nervoso autonomo e sul ruolo che esso gioca nel comportamento sociale, viene presentata nel discorso presidenziale alla Society for Psycophysiological Research di Atlanta nel 1994. Nel 2011, viene pubblicato il libro La Teoria Polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione, che raccoglie il corpo della teoria per gli specialisti del settore. Questa teoria rappresenta un’evoluzione notevole nell’analisi delle risposte sociali degli individui, mettendo in conto un qualcosa di importante: se ci sentiamo in pericolo o peggio sentiamo la nostra sopravvivenza minacciata, la risposta neurale autonoma attiva le primordiali funzioni di difesa: l’attacco-fuga e, se questa reazione non funziona, lo spegnimento.

Mi sono avvicinata a questa teoria grazie alla Scuola Facilitatori di Pino De Sario (www.pinodesario.it), psicologo e facilitatore dei gruppi. Successivamente l’ho incontrata in un webinar di Karen Wallace (https://www.karen-wallace-therapy.com), esperta in arte terapia per il trattamento dello stress e del trauma. Ho approfondito il tema grazie a La Guida alla teoria Polivagale  scritta dallo stesso Porges per i lettori non esperti e al ciclo di seminari “Looking through the Lens of Polyvagal Theory” a cura di Deb Dana, clinico e consulente specializzata in traumi complessi.

Più la conosco più mi affascina questa risposta adattiva, involontaria, che si attiva anche in assenza di rischio e a cui non possiamo rispondere in maniera razionale. Mi piace questa nostra umana “razionalità limitata” con i suoi comportamenti adattivi, su cui possiamo lavorare usando la nostra parte creativa, visionaria e visuale, per riconoscere gli elementi scatenanti e accoglierli.

Penso che siano anche molto interessanti gli aspetti che la teoria esplora sull’importanza dell’udito e di come attività che allenano l’orecchio siano cruciali nello sviluppo del coinvolgimento sociale e funzionali nella cura di molti disturbi. Sembra strano, ma per ascoltare la voce delle persone e riuscire a distinguere la voce umana dai rumori di sottofondo usiamo un muscolo specifico, che attiviamo in modo meraviglioso: sorridendo.

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